Raro esempio di casa padronale cinquecentesca non compromessa dagli interventi successivi, che ne hanno mantenuta integra la tipologia e parte dell’assetto distributivo interno, è conosciuta come “Casino del Vescovo” o “La Ghina”, quest’ultimo nome riferito al fondo agricolo in cui si sorge la villa. Toponimo che deriva quasi sicuramente da un certo “Antonio Maria de Ghinis di Massa” citato in un atto notarile del 1543 quale fattore del Cardinal Morone.

L'edificio si compone di un semplice corpo a pianta rettangolare, di solide proporzioni, che ingloba una torre strutturalmente indipendente, ma perfettamente integrata con i prospetti del casino. Lo scarno apparato decorativo esterno, limitato alla bella scala in cotto di linee svasate ed ai cornicioni a dente di sega dei prospetti laterali, si arricchisce sorprendentemente all' interno, negli ambienti di rappresentanza dell'unico piano destinato all' uso abitativo padronale.

Doveva trattarsi di una residenza agiata, quasi sicuramente commissionata da un prelato, come potrebbe far supporre una lapide in cotto murata in facciata, recante una data (1547) ed il sigillo arcipretoriale. Probabilmente non a caso, a poca distanza dal fabbricato, fu costruito l’antico palazzo della Mensa Vescovile, eretto sul sito del preesistente castello di Massa, che potrebbe ragionevolmente relazionarsi a questo.

Il casino fu nel Settecento di proprietà della famiglia Grossi che lo cedette dopo breve tempo ai Grillenzoni; durante la seconda guerra mondiale venne adibito a scuola elementare e successivamente abbandonato, fino a quando gli attuali proprietari si sono occupati del recupero dell’edificio che è poi stato destinato a ospitare eventi e matrimoni. Gli interni sono stati sottoposti ad un’opera di raffinata ristrutturazione, riportando alla luce straordinari affreschi del XV secolo. Le quattro sale interne al primo piano sono arricchite da decorazioni a motivi architettonici o a scene di paesaggi e completate con due camini settecenteschi e soffitti a cassettoni. A completare la struttura un parco di circa 6 ettari e un piccolo laghetto.

A rare example of a 16th-century manor house that has not been compromised by subsequent interventions, which have kept its typology and part of its internal layout intact, it is known as “Casino del Vescovo” or “La Ghina,” the latter name referring to the agricultural land on which the villa stands. The name almost certainly derives from a certain “Antonio Maria de Ghinis di Massa” mentioned in a notarial deed of 1543 as Cardinal Morone's steward. The building consists of a simple rectangular structure of solid proportions, which incorporates a structurally independent tower, but one that is perfectly integrated with the facades of the casino. The sparse external decoration, limited to the beautiful flared terracotta staircase and the sawtooth cornices of the side façades, is surprisingly enriched inside, in the reception rooms of the single floor intended for the master's use. It must have been a wealthy residence, almost certainly commissioned by a prelate, as suggested by a terracotta plaque on the façade bearing a date (1547) and the archpriest's seal. It is probably no coincidence that the ancient palace of the Mensa Vescovile was built not far from the building, on the site of the pre-existing castle of Massa, which could reasonably be related to it. In the 18th century, the casino was owned by the Grossi family, who sold it shortly afterwards to the Grillenzoni family. During World War II, it was used as a primary school and then abandoned, until the current owners took charge of restoring the building, which was then used to host events and weddings. The interiors have undergone a refined renovation, bringing to light extraordinary 15th-century frescoes. The four rooms on the first floor are embellished with architectural motifs or landscape scenes and completed with two 18th-century fireplaces and coffered ceilings. The property is completed by a park of about 6 hectares and a small lake.